Transazioni

di luca chiarei

Füsun Onur – once upon a time Biennale Venezia 2022

“Un uomo felice” è il titolo di un film francese uscito recentemente in Italia che “affronta” il tema della transizione di genere all’interno di una coppia con tre figli adulti e piuttosto avanti con gli anni. Metto le virgolette perché questo film si pone ad un livello molto superficiale di analisi e narrazione, sbilanciandosi più sul fronte della macchietta che della problematizzazione del tema. In ogni caso questa non è una recensione del film.

Se ne parlo non è per consigliarlo ma solo perché mi pare essere una utile cartina di tornasole di una tendenza sociale e culturale che, nella rivendicazione giusta dei propri diritti individuali, corre il rischio di farsi sfuggire questioni, perlomeno di altrettanta importanza, che hanno a fare con le condizioni materiali della vita. La trama è molto semplice: da una parte la vicenda personale che attraversa la vita della coppia di cui sopra, dall’altra la vicenda politica di una campagna elettorale nella quale i protagonisti sono a vari livelli impegnati.

Lui è un sindaco conservatore, di destra, che si sta ricandidando per la terza volta nella sua piccola comunità – una cittadina del nord della Francia, a ricoprire la massima carica istituzionale. Come tutti i bravi conservatori riassume in se tutti gli stereotipi del genere: omofobico, transfobico, sottilmente razzista e diffidente nei confronti di qualsiasi diversità/innovazione, che sia la tecnologia, i social, il rapporto con i media non fa la differenza; “naturalmente” paternalista e/o patriarca nel rapporto con la moglie, che è l’elemento scatenante del racconto, prima la rifiuterà radicalmente per poi accettarla e farsi alla fine accettare a sua volta.

La moglie infatti gli dichiarerà il suo sentirsi uomo, da sempre, e di voler praticare questo percorso di transizione in maniera esplicita a tutti i livelli, più o meno incurante delle reazioni della comunità nella quale si trova e delle ambizioni politiche del marito che in questa scelta ne vede la fine.

Non aggiungo altro, nel caso qualcuno volesse vederlo, e vado alla “morale” che emerge, direi intenzionalmente dal film: la politica non è una idea di gestione della cosa pubblica, di bene pubblico, da contrapporre a quella di altri; sembra essere invece un perimetro nel quale si registrano i comportamenti degli individui senza che questi diventino mai una collettività, un “noi”. Infatti il conservatore e reazionario alla fine si afferma politicamente, rimontando i sondaggi sfavorevoli, non perché smette di essere tale. Non ci pensa proprio.

Il successo politico infatti gli è garantito dal rendere pubblica la propria vicenda personale, dall’accettarla e dall’assumere come politicamente qualificante l’apertura – tolleranza? – a qualsiasi tipo di orientamento e prassi attraverso la quale ciascuno vive la propria sessualità, identità e desiderio. Che cosa farà nel merito sulle politiche abitative, il welfare, l’ambiente, questo non è dato saperlo e passa assolutamente in secondo piano.

Forse questo film, senza volerlo caricare di significati eccessivi, è lo spunto perché, anche a sinistra, si rifletta maggiormente sui modi e le forme della mobilitazione su questi temi. Non sto dicendo che non ce ne sia la necessità o che non vedo le difficoltà che molti incontrano nel vivere senza discriminazione i propri orientamenti sessuali e identità di genere, all’interno di una società sostanzialmente patriarcale e sessuofobica.

Mi chiedo semplicemente se è giusta la strategia per la quale questo tipo di rivendicazioni siano assunte come caratterizzanti una linea politica precisa, quella della sinistra politica e sindacale, dal PD in “là”…Approfondendo questa riflessione scopro che la prima normativa adottata in Italia sul tema è la legge n°164 che risale al 1982 (c’era ancora il muro di Berlino, la DC e il PCI…), la prima al mondo che non stabiliva requisiti di età e che permette di ottenere la modifica del genere sui documenti. Evidentemente allora questo tema non era sentito come “politico” e la norma assolveva la funzione di garanzia dei diritti della persona, precondizione della politica. E altrettanto certamente a distanza di oltre 40 anni necessiterà di aggiornamenti, ad esempio il riconoscimento della “carriera alias”* per dirne una.

Con questo non voglio sostenere l’assioma, al quale non ho mai creduto, che destra e sinistra siano due categorie obsolete della politica, tutt’altro. Mi chiedo invece se non sia giunto il momento per affermare che i diritti delle persone, qualsiasi orientamento sessuale manifestino e pratichino, costituiscano la premessa alla convivenza politica, ancora prima della loro identificazione tra sinistra e/o destra. In questo senso mi viene da confrontare questo passaggio politico con un’altra stagione importante della nostra vita collettiva, che segnò il passaggio dalla prima alla seconda repubblica: la stagione delle “mani pulite”.

In quel periodo molte forze politiche fecero della onestà, rigore morale e del non rubare il loro cavallo di battaglia. Altre si costituirono intorno a questi contenuti, senza ulteriori specificazioni. Insomma, quello che dovrebbe essere la precondizione della vita politica, si trasformò in un contenuto politico qualificante. Non sono ingenuo, so bene quanto la corruzione e l’uso del pubblico a fini privati sia un vizio di forma della nostra democrazia, ma allo stesso tempo mi chiedevo allora e mi chiedo ora quanto sia una sorta di capitolazione della politica accettare che l’essere onesti sia, non una premessa ma un contenuto, al pari dell’idea che possiamo avere sull’Irpef, la sanità pubblica o il cambiamento climatico.

Dunque venendo al presente, qual’è il rischio che vedo sotteso in questa fase? e se quello che succede in questo film, succedesse nella realtà, nell’Italia di oggi? Se la destra al governo alla fine si renderà conto che probabilmente saranno più i voti che perderà ad impedire la registrazione dei minori nei registri comunali piuttosto che consentirlo, per fare l’esempio di maggiore attualità? Perché questo accadrà prima o poi. 

Se al crollo inevitabile dei tabù sulla famiglia omosessuale, come di tutti gli altri legati all’omofobia, alla transfobia ecc. corrispondesse una raccolta del consenso ancora più forte e stabile? Forse  ci renderemo conto, in ritardo, della “certezza dell’efficacia dei veri tabù, quelli economico sociali” **  che cristallizzeranno la società nello statu-quo della disuguaglianza e della guerra permanente.

Sarà sufficiente un movimento che a sinistra, da subito, non “si proponga di passare per l’eterna porta stretta del mistero dei misteri , quello dell’economia politica e della sua critica pratica”***?  Da questo passa, a mio parere, buona parte del futuro politico del paese.

*Protocollo che permette di comparire all’interno di un ente con il nome corrispondente all’identità di genere anche se diversa da quella di origine.

**Fortini-Verifica dei poteri

*** idem