ll progetto di una Terra armata, in cui il rapporto tra gli Stati sia di competizione e di sfida, dove si giochi una partita ad eliminazione tra i maggiori protagonisti, col grande Esercito dell’Occidente sul trono e la Russia e la Cina gettate fuori dalla scena, è il progetto di un mondo senza speranza.
droni arano l'aria per fare microbriciole e parti annusare le particelle molare selci da guerra
tagliare le guaine sguainare le ferite meglio stare dalla parte del fumo del rinculo e degli sconti
dalla parte delle panche e della ghisa - sperare nel pancreas che resista dividere diagnosi dalle fiale
il nero capitale cauterizzi la miseria cicatrizzi le morali sfilando dalla parte del mare mentre tutti noi sempre dalla parte del sonno e dei saldi delle percussioni dei parolieri - pensare e lisciare i capelli disperdere l'ira gonfiare le indignazioni - frantumare le tassonomie l'affetto per i soli cani da guardia basta come i rendimenti sui conti le coincidenze alle stazioni la detrazione della ragione avanzi
Füsun Onur – once upon a time Biennale Venezia 2022
“Un uomo felice” è il titolo di un film francese uscito recentemente in Italia che “affronta” il tema della transizione di genere all’interno di una coppia con tre figli adulti e piuttosto avanti con gli anni. Metto le virgolette perché questo film si pone ad un livello molto superficiale di analisi e narrazione, sbilanciandosi più sul fronte della macchietta che della problematizzazione del tema. In ogni caso questa non è una recensione del film.
Se ne parlo non è per consigliarlo ma solo perché mi pare essere una utile cartina di tornasole di una tendenza sociale e culturale che, nella rivendicazione giusta dei propri diritti individuali, corre il rischio di farsi sfuggire questioni, perlomeno di altrettanta importanza, che hanno a fare con le condizioni materiali della vita. La trama è molto semplice: da una parte la vicenda personale che attraversa la vita della coppia di cui sopra, dall’altra la vicenda politica di una campagna elettorale nella quale i protagonisti sono a vari livelli impegnati.
Lui è un sindaco conservatore, di destra, che si sta ricandidando per la terza volta nella sua piccola comunità – una cittadina del nord della Francia, a ricoprire la massima carica istituzionale. Come tutti i bravi conservatori riassume in se tutti gli stereotipi del genere: omofobico, transfobico, sottilmente razzista e diffidente nei confronti di qualsiasi diversità/innovazione, che sia la tecnologia, i social, il rapporto con i media non fa la differenza; “naturalmente” paternalista e/o patriarca nel rapporto con la moglie, che è l’elemento scatenante del racconto, prima la rifiuterà radicalmente per poi accettarla e farsi alla fine accettare a sua volta.
Il vento scuote allori e pini.
Ai vetri, giù acqua.
Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti,
poi nulla.
La mattinata si affina nella stanza tranquilla.
Un filo di musica rock, le matite, le carte.
Sono felice della pioggia.
O dèi inesistenti,
proteggete l’idillio, vi prego.
E che altro potete,
o dèi dell’autunno indulgenti dormenti,
meste di frasche le tempie?
Come maestosi quei vostri luminosi cumuli!
Quante ansiose formiche nell’ombra!
In questi giorni leggendo i saggi di Pier Vincenzo Mengaldo su Franco Fortini, "I chiusi inchiostri", mi sono imbattuto su un giudizio più che positivo per una poesia di Fortini “agli dei della mattinata", che nella mia ignoranza non conoscevo, definita come “...uno dei tuoi testi più alti, una di quelle liriche in cui è la cultura stessa a farsi, per alchimia, poesia.” Allora l'ho cercata in rete per leggerne immediatamente il testo e il motore di ricerca come primo risultato mi ha proposto questa serratissima discussione che si è sviluppata su Poliscritture e che è possibile leggere qui, oltre ad altre riflessioni più pacate, qui e ancora qui.
I toni usati in molti interventi, soprattutto di chi voleva - legittimamente -, discuterne il valore con un giudizio diametralmente opposto, mi hanno stupito. La questione in gioco si è trasformata da una valutazione critica su un testo ad una scelta di campo, uno scontro ideologico fra schieramenti non solo avversi ma nemici. Probabilmente questo è un aspetto che Fortini, e chi lo stima, si porta dietro proprio in ragione del suo collocarsi precisamente, da intellettuale e poeta allo stesso tempo, in una parte politica precisa. E che questo generi una sorta di pre-lettura dell'opera poetica.
In molti passaggi questa discussione è però diventata un dialogo tra sordi e, lasciatemelo dire, permalosi ma in tutti i casi, per chi avrà la pazienza di leggerne tutti i passaggi, una discussione comunque interessante. Provo a dire la mia, senza alcuna velleità di sintesi, sulle due critiche che maggiormente mi hanno colpito: questa non è poesia, questo testo è prosa; l'opera di Fortini (e Pasolini) godono di buona critica non per il loro valore intrinseco ma per la loro collocazione politica all'interno di un sistema partitocratico che poi gli ha fornito loro immeritata autorevolezza.
“il compito prioritario degli studi letterari è mettere in rapporto buccia e polpa, interno ed esterno, testo e “mondo” – Pier Vincenzo Mengaldo
Proseguo questo percorso con Elena Gramman, autrice acuta e tagliente che dal suo blog “dalla mia tazza di te” recensisce libri e commenta quello che avviene nella politica e nella cultura. Senza diplomazie e giri di parole con lei si arriva subito al punto, che che piaccia o meno. Anche lei l’ho “conosciuta” in rete per frequentazioni in comune e per una breve collaborazione con poliscritture. In particolare mi aveva colpito la recensione al libro di Ann Cotten “Sonetti del dizionario delle parole di origine straniera” (traduzione italiana dal tedesco), a questo link, autrice notevolissima che non conoscevo affatto.
A seguire lo scambio di email. Anche a lei ho inviato una selezione di testi che inserisco per comodità, in quanto sono tutti testi sparsi sul blog. Rinnovo l’invito a tutti coloro che volessero fare altrettanto o nei commenti o scrivendomi a luca.chiarei@alice.it. Saranno ben accolti e pubblicati senza censure…