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Categoria: politica

36.671… ripresa e segnalazioni

Quando avevo iniziato a scrivere il post precedente era circa la fine di gennaio e stante le difficoltà a reperire un dato aggiornato, al momento di pubblicarlo avevo lasciato quella cifra arrotondata (acquisita da varie agenzie di stampa quali Ansa, Agi ecc) immaginavo per difetto.

Ora finalmente ho trovato un dato, aggiornato al 13 febbraio, che supera di gran lunga quella stima, fornito dalla ong Euro-Med Human Rights Monitor. Al di la di quale sarà la cifra “definitiva”, se saranno (imbarazzato a scriverne in questi termini ma la situazione è questa) 26.000 o 36.000 o 46.000 le vittime complessive (di cui il 70% donne e bambini, a proposito di chi anche in guerra paga il prezzo più elevato), non trovo altre parole a descrivere tutto ciò se non come un genocidio di un intero popolo al quale ci siamo ormai assuefatti. Su questo blog qualcuno ha commentato che purtroppo oggi ci resta solo la parola: è vero e per quello che vale ho intenzione di utilizzarla.

Oggi 24 febbraio in molte città d’Italia ci sono numerose iniziative per il cessate il fuoco in Palestina e Ucraina, per riportare la risoluzione dei conflitti al tavolo del negoziato. E’ una prospettiva utopica, me ne rendo conto nel momento in cui scrivo, ma è l’unica che può essere percorsa in alternativa a “vittorie” o “soluzioni finali” per le quali il complesso militare industriale è tornato a pieno regime ad operare. Personalmente parteciperò oggi a quella di Milano.

Tutte le OnG più importanti hanno promosso appelli per il cessate il fuoco, segnalo le principali:

Tra le altre iniziative segnalo anche la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che riconosca lo Stato di Palestina:

Continua…

25.000…

…è il numero delle vittime Palestinesi stimate dal 7/ottobre/2023 secondo varie fonti internazionali tra cui ONU, Ong, CRI, Mezzalunarossa ecc., arrotondato ovviamente per difetto. Un numero, lo sappiamo da 4 mesi, destinato ogni giorno ad incrementarsi e fatto al 50% da bambini. Non so quale sia il numero che deve essere raggiunto perché la comunità internazionale, ma direi la comunità degli umani, si renda conto che si sta consumando un genocidio: 100.000? 1.000.000 ? Ho anche fatto fatica in rete a trovare un numero preciso, segno che questa contabilità con il passare dei giorni diventa sempre più problematica, per non dire che sta producendo una sorta di assuefazione emotiva.

Si potrebbero aggiungere ancora tanti altri dati sulle distruzioni, sui massacri, sui feriti e mutilati, conseguenze di un conflitto di cui possiamo dire tutto, ma certo che non è iniziato il 7/ottobre dell’anno scorso. Neanche voglio in questa sede fare l’ennesima ricostruzione storica di come siamo arrivati a questo punto. Non perché non siano necessarie, tutt’altro, ma perché non sono uno storico e la mia conoscenza della questione nella sua complessità non me lo consente. Tanti altri meglio di me lo possono fare e lo fanno.

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Potremo dire d’esserci

Scrivere dell’attuale situazione della striscia di Gaza certamente non serve praticamente a niente, sia rispetto alla sofferenza individuale delle persone che rispetto alla situazione politica generale. Figuriamoci se serve una poesia. Una riflessione però su di noi che stiamo a guardare vale la pena farla: la mia generazione è stata abituata per decenni a considerare le grandi tragedie del 900 come eventi o lontani nel tempo, anche se vicini geograficamente oppure, se vicini temporalmente molto lontani geograficamente per cui, in ogni caso, c’era una sorta di distacco che permetteva, senza grossi problemi, di esprimere giudizi netti e assoluti di condanna che ci risolvevano molti problemi di natura etica. Penso all’olocausto, allo stalinismo, al genocidio degli indiani d’america del Nord e del Sud, al Ruanda…E’ molto più difficile invece esprimere gli stessi giudizi in tempo reale, quando quegli eventi si ripetono vicini sia geograficamente che temporalmente. Perché forse le cose non stanno proprio come sembrano, forse non conviene, forse ci si può sbagliare e allora è difficile recuperare credibilità…Penso che oggi si debbano chiamare gli eventi con il loro nome e quello che sta accadendo da oltre due mesi nella Striscia di Gaza è un genocidio, l’ennesimo di un popolo, del popolo palestinese. E se trattiamo di un genocidio, ovvero della morte non dei diretti responsabili degli attentati di cui Israele è vittima ma delle persone – bambini e bambine, uomini e donne, sani e malati, vecchi e giovani – che con i responsabili condividono solo l’appartenenza etnica o geografica, non è possibile in alcun modo giustificarlo o comprenderlo, anche se a compierlo è uno Stato il cui popolo ne è stato vittima.

Potremo dire d'esserci - d'esserci 
stati - stati fermi a guardare
guardare dall'altra parte - la parte
 
morale la morale dell'Esselunga  del non far niente
stati criminali - stati alterati 
coscienza poltiglie bambini - quelli

semi-nati
domani larve lapidi - domani quelli che cadranno nel piombomiele d'israele - le quattro
tribù del presidente divisioni di Rivlin* - a domicilio

case in bilico sulle cremaglie
re sperare che Dio non esista - nazificazione dell'antropocene al mattino colazione per quelli - non ancora - bombardati - è genocidio d'oltremare

che passa inosservato passa - non è stagione nella striscia - polvere e orifizi
è l'etica del vetroresina - l'etica in pillole del taglia e cuci

tagliamo cipolle con la Szymborska - all'ombra dei petali della Pozzi per fingere e piangere -
per fare sugo rosso - per la distrazione dell'esametro

*Reuven Rivlin Presidente di Israele che nel 2015 alla conferenza di Herzlya analizzò la società israeliana suddividendola in 4 tribu in conflitto fra loro (limes n°3/2023)

A che cosa servono II°

Aggiornamento…

…dopo la pubblicazione dell’articolo “A che cosa servono” ho postato quell’intervento nei due gruppi FB citati nell’articolo “La scialuppa di Pegaso” e “Versante ripido”, con una breve premessa nella quale ricordavo che qualsiasi momento stiamo vivendo, si sta consumando ai danni di un popolo intero un genocidio, un crimine contro l’umanità per il quale non ci può essere giustificazione alcuna. Se è vero che Israele è un paese democratico, democraticamente non può decidere di eliminare un popolo, di consumare una vendetta, perché tale procedura non può diventare una sorta di legittimazione.

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A che cosa servono…

… i gruppi di poesia sui social? Lo capisco, la domanda è amena e affatto necessaria. Quando me la sono posta, mesi fa, avevo dato la “responsabilità” al caldo estivo ma in verità il pensiero che era alla base della questione era altro. Da una parte la realtà quotidiana attraversata dalle macroquestioni del cambiamento climatico e le sue cause, che non possono che indurre un senso di impotenza; dalla guerra in europa che non da alcun segno di arretramento, con la sua minaccia sempre più esplicita di escalation nucleare, anch’essa portatrice di altrettanto senso di impotenza; infine oggi dal genocidio in corso del popolo palestinese (perché io non trovo altri termini per definire quello che sta accadendo oggi). L'”Internazionale” del 20/26 ottobre ci ricorda che in 360 km quadrati, un terzo dell’area di Roma ma popolata dallo stesso numero di abitanti, di cui il 39% sono di età compresa tra 0 e 14 anni (e per il resto leggete la scheda a pag.9), si abbatte un bombardamento continuo e indiscriminato per il quale parlare di legittima difesa di Israele significa giocare con le parole.

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