Ricchi e poveri tra Don Milani e Jeff Bezos, pensieri sull’anno…

di luca chiarei

Europa, tramonto.

” Le durezze e le fatiche della guerra, quelle che si patiscono sulla propria persona, ricadono su chi sopporta la violenza di tutte le cose, sulla parte più umile e più povera di tutta la nazione, sugli schiavi lavoratori: infatti per quanto grandi possano essere la prosperità e il lusso di una nazione, deve pur esserci qualcuno che lavora; le case e le navi debbono essere costruite, le merci debbono essere trasportate e la terra coltivata” B. Mandeville, La favola delle api, 1723

L’anno che si chiude non sarà ricordato, almeno credo, per svolte epocali, segni particolari di cambiamento o speranza. Credo che sia stato un anno che si aggiunge come gli altri ad un periodo di progressivo deterioramento della vita politica e sociale, sempre più chiusa nelle spinte populiste incapaci di pensare la vita collettiva secondo principi diversi dall’interesse individuale e immediato; anche molte manifestazioni artistiche e culturali sembra abbiano abdicato ad un ruolo critico e affondano nelle maglie della rete e dei social, appiattendosi in una massa di contenuti tutti tra loro equivalenti e indifferenziati.

E’ stato però l’anno del 50° anniversario di Lettera ad una Professoressa della scuola di Barbiana di cui ho già parlato in questo blog. Molte sono state le iniziative che in maniera trasversale l’hanno ricordato, dai convegni alla ripubblicazione del testo, ai film a opere teatrali con una densità e rilevanza nei media impensabile solo qualche decennio fa. L’importanza di “Lettera a…” per me risiede nella indicazione chiara e precisa che nella vita si deve scegliere una parte, che c’è sempre una parta dalla quale stare – con le contraddizioni, le incoerenza, gli errori – e che questa parte è quella di chi non ha, di chi non ha ciò che sarebbe giusto, di chi non ha rappresentanza e parola nelle varie forme storiche nelle quali questo si manifesta. Oggi nel secolo del pensiero unico capitalista, dove l’economia è percepita come un evento di natura ineluttabile e non come un risultato storico delle forze in campo, la divaricazione tra chi ha e chi non ha ha raggiunto livelli insostenibili. Per questo mi pare un buon modo di concludere l’anno e pensare al prossimo con la riflessione tratta dal blog di Angelo d’Orsi e riportata sulla pagina FB di Poliscritture, Ricchi e poveri, aspettando l’apocalisse. La prospettiva non è delle migliori ma forse qualcosa si può e si deve ancora fare. Buon anno a tutti.