Ius soli

di luca chiarei

verso Marzabotto il 25/4/2017

La discussione che in questi mesi si è sviluppata nei media e nella politica intorno a queste due parole (ne abbiamo discusso anche su Poliscritture in particolare qui) e ai significati ad esse sottesi mi ha convinto di alcune cose:

  1. che concedere il diritto di cittadinanza ai figli di coloro che sono di fatto cittadini italiani in quanto integrati nel contesto economico e sociale italiano, nell’attuale dimensione istituzionale che è quella dello stato democratico così come oggi lo conosciamo, più che una questione di civiltà (quale? la nostra? non ce ne sono altre?migliori o peggiori…) dovrebbe essere una questione di semplice buon senso normativo.
  2. nessun figlio ha potuto scegliere quando e se nascere, e dove e come, che i genitori siano italiani, svizzeri, con la pelle chiara o scura non c’è differenza. Ipotizzare casistiche particolari in nome di differenze culturali, per le quali con la maggiore età si dovrebbe scegliere la cittadinanza – cioè da che parte stare -, non ha un senso logico. Le diversità e il mantenimento della propria identità culturale, religiosa per chi ha una fede, è un elemento che non cessa di esistere nel momento in cui si stabiliscano diritti, ma anche doveri, nei confronti della propria comunità, la polis di tutti, di appartenenza.
  3. il cortocircuito politico e culturale, di ispirazione populista ma non solo, per cui la questione si salda con quella dei flussi migratori e dell’attrazione che il  nostro paese può produrre nei confronti di questi flussi una volta che fosse approvato lo ius soli, è incomprensibile. Sono due questioni radicalmente diverse che si collocano in ambiti di azione quasi non comunicanti tra loro; la proposta di legge che c’è in senato (con una semplice ricerca in rete è comodamente reperibile) parla di ius soli rivolto a genitori in possesso di permesso per soggiornanti di lungo periodo, un titolo definitivo, e di minori che hanno fatto un percorso di studi di almeno 5 anni o hanno conseguito titoli di studio professionale; invece il problema dei flussi di migranti non economici riguarda il tema dei conflitti dispersi nel mondo, le conseguenze dei cambiamenti climatici ecc. insomma di chi nel nostro non ci ha messo piede o se ce l’ha messo si trova in una condizione di assoluta precarietà:
  4. Infine che ogni società ha bisogno ciclicamente di un capro espiatorio sul quale scaricare le responsabilità delle proprie crisi, economiche, culturali ecc.;  considerando allora il migrante non più uomo/donna portatore di diritti inalienabili ma un  alieno diverso dalla nostra condizione umana, egli diventa il soggetto ideale per assumere questo ruolo. E questa deriva culturale e etica non può essere accettata.

Per questi motivi mi sono convinto che era necessario dare una piccola testimonianza concreta di una posizione diversa da quella che sembra essere la tendenza maggioritaria nel paese su questi temi, una tendenza che in qualche modo è entrata negli interstizi etici anche di chi ne dovrebbe essere estraneo.  Per questo ho deciso di aderire al digiuno a staffetta il prossimo 24 e 31 ottobre, promosso da varie organizzazioni politiche e associative affinché il Parlamento, prima che finisca questa legislatura, decida e approvi la proposta di legge. Lo so che il digiuno è uno strumento inflazionato, che fa storcere il naso per l’uso che ne è stato fatto nella storia italiana, che per molti non è proprio uno strumento di lotta politica, che certamente non cambierà niente di concreto, che è insufficiente, che con la pancia piena è facile digiunare…ecc ecc. Lo so che i promotori dell’iniziativa hanno le loro contraddizioni, che la politica pro e contro questo provvedimento è attorcigliata nei calcoli elettorali, nelle convenienze a breve termine dove il migrante è lo strumento di altri giochi. Lo so. Ma è un atto minimamente organizzato tra persone diverse che con varie posizioni ne affermano una, che non sarà l’ideale ne la migliore possibile ma oggi di concreto non ho visto altro (forse la mia miopia è peggiorata…); penso infine semplicemente con Don Milani “a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”