i reading di poesia…

di luca chiarei

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Brick lane – Londra – Sreet art

Segnalo dal blog di Poliscritture questo intervento dell’esplicito titolo Letture pubbliche di poesia: servono alla poesia? di Luca Ferrieri che mi sento di condividere. Su questo tema, che in certi ambienti della poesia è molto “sensibile”, sono intervenuto con una ulteriore riflessione che propongo anche qui. Per quello che può contare dico subito, per chi mi conosce o conosciuto, che non ho alcuna difficoltà a affermare che su questo argomento la mia opinione nel corso degli anni si è modificata. Certamente quello che dico oggi non è quello che facevo e pensavo qualche anno fa. Allo stesso tempo però non rinnego niente del passato perché mi è servito ad arrivare a questo punto, alle conclusioni attuali che potranno modificarsi ancora. Di seguito il mio intervento:

A distanza di 10 anni da queste riflessioni di Luca Ferrieri, alle quali ammetto di non avere prestato allora grande attenzione, oggi sono arrivato alla conclusione (tranciante ma rivedibile…), che la stragrande maggioranza dei reading di poesia che vengono fatti non servono a niente. E non solo per un problema di dizione…A cosa dovrebbero servire? potrebbe obiettare legittimamente qualcuno. Io credo che non dovrebbero semplicemente essere eventi fini a se stessi. Dal mio punto di vista la poesia è anche una riflessione, in forma diversa dalla prosa, sul senso possibile della vita, personale e collettiva, sulle sue contraddizioni, sulla morte che di essa è il suo esito finale. Dunque in un reading io mi aspetto che si affrontino e condividano anche questi aspetti, magari con uno sguardo critico alla realtà, per vivere una esperienza che mi arricchisca nella consapevolezza personale. In questo senso quello che di solito viene proposto non trovo che corrisponda a questo tipo di aspettativa. Sicuramente i reading servono a gratificare chi li tiene, a fornire quel tipo di piacere (compulsivo?) che alla poesia fa sostituire il poeta, come dice Ferrieri. Questo penso sia innegabile.
Mi domando inoltre se la tendenza generale a proporre in questi ultimi anni reading in maniera sempre più spettacolarizzata, con le “contaminazioni” di musica, danza e altre forme di arte, a volte con i versi a “contorno” anche di pranzi e cene, non contribuisca a fare della poesia una delle tante forme dell’intrattenimento. Non che ci sia qualcosa di intrinsecamente errato nell’intrattenimento, ma l’assimilazione della poesia nella industria culturale dominante è un esito da dare per scontato? A conferma di ciò potremo anche notare come è pressochè scomparsa da qualsiasi reading di oggi la discussione, il dialogo, la critica rispetto a quello che viene proposto. Pare che quello che conti sia solo l’atto declamatorio, la sollecitazione dell’emozione e poco altro…In questi anni me ne sono reso progressivamente conto sia partecipandovi, sia assistendovi.
Forse l’unica eccezione, con altri limiti, è quella degli slam dove comunque ci sono dei “molti” che giudicano i poeti e viene fatta una gerarchia di valori. Probabilmente mancano le ragioni per le quali una poesia/poeta è più apprezzata/o di altre ma questo fa parte della cultura propria di chi legge ancora poesia ed è un altro discorso ancora.