Autoscatti autocritici…1

di luca chiarei

Piet Mondrian da: https://libreriamo.it

“il compito prioritario degli studi letterari è mettere in rapporto buccia e polpa, interno ed esterno, testo e “mondo” – Pier Vincenzo Mengaldo

L’occasione casuale che mi ha dato l’idea di scrivere questa riflessione sono state quattro chiacchere scambiate tempo fa con una delle mie figlie la quale mi invitava a dedicarmi alla “promozione” delle mie poesie con un maggiore impegno social, raccogliere più like e follower così da avere in mano un biglietto da visita più accattivante per un editore al quale proporre i miei versi. Premesso che il riconoscimento editoriale non sempre coincide con il valore di una pubblicazione, visto anche il moltiplicarsi di quelle “fai da te” o “semi fai da te”, che sommergono gli scaffali delle librerie e che non aspiro a ciò, se a quello che scrivo non ne è riconosciuto un valore oggettivo, ho pensato ad un altro tipo di operazione.

Perché non chiedere ad altri un giudizio critico esplicito, qualunque fosse, sulle mie poesie? ma altri chi? amici? colleghi? conoscenti? Per essere credibili ho ovviamente scartato queste figure e mi sono rivolto, e mi rivolgerò ancora, a critici, intellettuali, poeti, addetti ai lavori da me conosciuti, non necessariamente in “presenza”, ma per letture delle loro opere, frequentazioni comuni di blog, dei quali ho stima per il loro lavoro.

Sono consapevole che l’operazione è presuntuosa ma nel momento in cui si rende pubblico un testo, che si muove – ne sono consapevole – nel sottobosco della letteratura “ufficiale”, forse può fruttare di più una riflessione critica condivisa, anche negativa, che 10 like e 10 sospiri di ammirazione sotto un post di qualsiasi social. Ed in ogni caso a me è servito a mettere meglio a fuoco il senso dei miei tentativi di scrittura.

Iniziamo con Luigi Paraboschi: critico letterario e autore di poesie, collabora e recensisce opere su innumerevoli blog e siti di letteratura che anch’io frequento (https://blog.versanteripido.it/author/luigi-paraboschi/; https://lapresenzadierato.com/; poliscritture ecc.). Il suo apprezzamento per alcuni testi pubblicati sul gruppo facebook, “la scialuppa di Pegaso”, mi ha dato il “coraggio” per chiedergli una valutazione più organica del mio lavoro. Lo ringrazio ancora di cuore per il tempo che mi ha dedicato e l’attenzione dimostrata che cercherò di ricambiare quanto prima e l’amicizia. Qui i testi inviati, a seguire lo scambio di opinioni tra noi.

Ovviamente tutti coloro che volessero fare altrettanto o nei commenti o scrivendomi a luca.chiarei@alice.it saranno ben accolti e pubblicati senza censure…

Io: A seguito dello scambio avuto su messenger le allego la raccolta di poesie di cui le ho parlato, che credo sia sufficientemente breve (non sono molto prolifico, qualche poesia all’anno…); in ogni caso non si senta obbligato ne a leggerla ne a commentarla. Non ho la sua età ma a 60 anni lo comprenderei senza problemi come comprendo a cosa alluda quando parla dei giochi dei poeti, al cui mondo non mi sento proprio di appartenere, se non altro per evidenti limiti artistici ed intellettuali. Non cerco “raccomandazioni”, mi ha semplicemente incuriosito la sua attenzione nel magma della rete e per quello che ho potuto leggere, stimo la sua opera di critico.

Paraboschi: ho letto un paio di volte i suoi lavori e le dirò il mio pensiero, vale a dire il pensiero di un semplice lettore di poesia e non di critico perchè non lo sono e non ho i numeri per esserlo. Da lettore di poesie non alle prime armi penso che :

a) il suoi testi rispecchiano un buona dose di poeticità, e so che questo termine forse la infastidirà molto perchè non è questa la caratteristica che lei ha inteso assegnare ai suoi lavori ; la sua è una poeticità che si deve estrarre della struttura dei suoi lavori. Però io questa nota positiva l’ho saputa rintracciare solamente se mi sono sforzato di leggerli secondo un mio schema metale e culturale, perchè in modo diverso non ce l’avrei fatta. Non capisco questo nuovo dadaismo che alcuni autori come lei inseguono ancora oggi,, come non lo ho capito quanto diventò una forma di scrittura tipica degli anni 20 del secolo scorso. Non dico di essere un fanatico della punteggiatura classica, e del conteggio delle sillabe o delle rime ( caratteristiche che non mi sono mai appartenute ) però che si usino spaziature ad ogni riga, trattini tra le parole quasi per scandirle mi sembrano dei non-sense che a mio parere vanno alla ricerca di un pubblico molto acculturato e molto specializzato nella lettura di poesie ,e, vista l’ignoranza ormai diffusissima e l’analfabetismo di ritorno che dilaga ( il 50% dei ragazzi non capisce ciò che ha letto ), lo spazio che i suoi versi dovrebbero avere lo trovano su siti internet molto specializzati. E a questo proposito le segnalo, ma lei li conoscerà di certo : Linguaglossa Giorgio – critico specialistico di poesia moderna che ha un sito dal nome ” l’ombra delle parole “; La presenza di Erato ( sul face book anche ) interessato oltre che al modernissimo come il suo, anche ad un classico ( però non eccessivamente classico ). Gli scrittori : Lucio Mayor Tosi e Intini Franco entrambi validissimi autori di poesie su Face Book che mi conoscono da anni, e che ho seguito a lungo, ma sono stato costretto ad abbandonare per la noia che certi scritti di assurdità mi creavano. Penso che i suoi testi ( molto ricchi di contenuti non facili ) guadagnerebbero in visibilità se fossero messi sulla carta senza troppe linee di spaziatura tra un verso e l’altro, fossero più verticali che orizzontali, e così via. Avrei desiderato dare un giudizio più passionale, ma mi è risultato impossbile andare oltre la mia educazione e formazione letterarie. Formulo tanti auguri di successo al suo lavoro

Io: Come anticipato riesco solo ora a risponderle in maniera più articolata alla sua valutazione. Quello che cerco di realizzare con la mia scrittura è mettere insieme una forma poetica non convenzionale, nelle direzioni di quei riferimenti critici e autoriali che lei mi ha indicato (Linguaglossa, Mayoor, Intini…) che conosco, unitamente ad un riferimento forte e preciso nei contenuti alla nostra condizione storica. In realtà la mia direzione principale, per quello che mi è dato comprendere, sono le riflessioni di Fortini sulla metrica e la sua relazione con la struttura sociale (come blog letterari, oltre a quelli che mi ha segnalato, Poliscritture con il quale occasionalmente collaboro). Mi sono iscritto in età “avanzata” alla facoltà di Lettere di Milano e sto tentando una tesi proprio su questo argomento. Il mio timore e rischio principale nel tentare presuntuosamente questa operazione, che lei ha ben sottolineato, è quello di ricadere in un manierismo stilistico che riproponga schemi di avanguardie che ormai hanno esaurito il loro impulso vitale. Sono d’accordo con lei sulle avanguardie e sono d’accordo che gli ultimi esiti di autori come Mayoor rasentino l’assurdo (come anche certe teorie di Linguaglossa sulla poetry Kitchen…). Ed è altrettanto vero quello che mi scrive sull’uso dei trattini, spazi, sillabazioni, che possono risultare esercizi retorici fino a se stessi. Non era nelle mie intenzioni ma lo accetto come evidenza che quello che volevo realizzare non è andato a buon fine. Non mi infastidisce certamente che i miei testi abbiano una buona dose di poeticità, mi spiace che non sia di facile estrazione, credo per eccesso di sintesi. La poesia “lirica” la apprezzo negli autori “classici” all’interno del loro contesto ma non la sento come la mia forma espressiva; resto molto incuriosito ed attratto da testi come “Prosa in prosa” e autori come Inglese e Giovenale ad esempio, cercando di collocarmi al confine tra queste due forme di scrittura (della “tradizione” cerco di mantenere il verso nella sua scansione metrica classica, senza il quale non riuscirei a scrivere). Accolgo le altre sue indicazioni sulle quali rifletterò: in questo ambito mi sento in una ricerca continua e quello di cui sento il bisogno sono proprio riflessioni oggettive e critiche come la sua.

Paraboschi: La sua risposta è state esaurientissma. Temevo di averla indisposta con le mie parole, ma non sono capace di scrivere ciò che non sento..Conosco poliscritture di Abate( Ecco dove avevo localizzato il suo cognome !! ma non lo ricordavo ) Sono anch’io amico di Abate ma dopo tanto tempo le confesso che mi sono un poco stancato dell’esaltazione della poetica di Fortini e della nostalglia per il maxismo duro e puro degli anni 70. Lo confesso, Fortini mi piace, specie il primo però penso che sia valorizzato molto dai fanatici di quaderni piacentini. Ho anche apprezzato di Fortini il suo libro ” 10 inverni ” ( sono stato socialista corrente Lombardiana ) ma le confesso che ho lasciato il sito di Abate, pur considerandolo una persona molto intelligente e preparata, però un po’ troppo ideologicamente impostata. I suoi testi sono molto molto buoni se li alleggerisse di  quei fronzoli calligrafici cui ho fatto cenno ( spaziatura – trattini ecc ) però deve arrivarci da solo e non faccia suoi i miei suggerimenti. Sul discorso ” prosa in prosa ” posso essere d’accordo con lei, è una nuova tendenza molto interessante, devo avere letto di recente una raccolta di qualcuno del quale non ricordo l’autore, ma me lo ricorderò.

se lei crede utile può liberamente pubblicare sul suo blog il ns. scambio di opinioni che sono certo non sarà l’ultimo.