Appunti di una discussione…

di luca chiarei

genova

Genova…girando nei vicoli, la foto è mia…

 

Ho avuto l’occasione di essere a Genova sabato 20 giugno mentre si teneva il 21° festival internazionale della poesia “Parole spalancate” il cui tema, certamente impegnativo, era: “la ricostruzione poetica dell’universo”. Ho partecipato dunque all’iniziativa “Qui e ora, conversazioni su poesia e critica al presente”.

Il filo conduttore dell’evento, declinato in più forme, è stata la denuncia della scomparsa dal panorama della poesia contemporanea, della funzione critica.


Ha iniziato Mauro Ferrari poeta e editore della Puntoacapo edizioni, lamentandosi del filone da lui definito catastrofista della critica per la quale siamo in un dopo generalizzato senza che ci sia un presente al quale fare riferimento. A suo parere quello che accade di fatto è che la poesia prima aveva una funzione etica e sociale che ora non ha più, da una parte perchè i poeti per primi si sono chiusi in una straordinaria privacy del quotidiano, prevalentemente Milanocentrica; dall’altra perchè di fatto la grande editoria non pubblica più poesia se non all’interno di questo filone dominante, oppure per capacità autopromozionale dei poeti stessi. Si assiste così al paradosso che le antologie sono pubblicate dalle stesse grandi case editrici che di fatto non pubblicano più poesia. Il poeta oggi è concentrato sul suo sguardo che diventa il fine della comunicazione. Manca una visione che accompagni lo sguardo del poeta e pertanto una assunzione di responsabilità nei confronti del testo. Di fronte alla sottovalutazione della critica militante il vero errore della critica sarebbe quello di abdicare al suo ruolo.
Ha proseguito Giuliano Ladolfi direttore della rivista Atelier rivendicando alla stessa il ruolo di rivista militante di critica declinata al presente, senza post, e la valorizzazione della scrittura non fine a se stessa ma capace di dire la realtà. Ha poi proseguito sottolineando come la critica strutturalista ha di fatto ucciso la poesia. Secondo la sua concezione la critica si deve fondare su una solida base concettuale articolata su filologia, critica letteraria e antropologia. L’interpretazione del testo si deve fondare sulla sintesi ermeneutica di questi tre elementi, supportata dalla lettura del complesso dell’opera di un autore. Inoltre il critico deve attingere al complesso delle scienze, non solo quelle umane, che si collocano al di fuori della poesia.
Ha infine concluso Marco Ercolani poeta genovese ricordando come la critica spesso sia fatta dagli stessi poeti. Questo è un dato importante in quanto è un atto poetico esercitare entrambe le funzioni. Non è possibile essere “solo” poeti. La funzione poetica dovrebbe essere una sorta di “accellerazione” della propria coscienza e non una distrazione.

Avendo partecipato solo a questa iniziativa e al bel concerto successivo delle Tete de bois non posso certo fare una valutazione complessiva del festival. Scorrendo però il ricco programma, fatto di reading musicali, laboratori creativi, teatro e poesia ecc. con le quali veniva proposta la poesia, mi è sorta una riflessione: siamo certi che l’incrocio della la poesia con altre forme di arte generi sempre un valore aggiunto o piuttosto non vi sia il “rischio” di fare del semplice intrattenimento? Ovviamente non c’è niente di male in questo, se succede; non per forza la poesia deve essere respirata dentro un aria pesante e seriosa, come nemmeno essere strumento per officiare liturgie laiche per adepti selezionati. Non ho risposte da dare ma solo il dubbio che sia facile scivolare, anche per esperienza personale, in questo ambito. Credo semplicemente che questa domanda abbia un senso e che fare uno sforzo per dargli una risposta consapevole non sia tempo perso.