E’ l’ora di un grande silenzio
E’ l’ora che si dorma - sulle lastre
tra le offerte speciali tra gli sconti
a decantare nelle vasche mentre
il mare resta ancora da scavare
i gabbiani issano ponti levatoi
la spesa è da fare - i commessi e le cose
non sanno le parole da spendere
quando la morte si fa strutturale
scolano preghiere dalle gronde – la litania di Bill Frisell
la ragione è scartata insieme alle comete
al diritto di votare alle piattaforme
vale la religione dei social i turiboli sul palco
la boule dell’accidia - il dubbio di essere a ritroso
Vorrei tornare a parlare di politica a partire dal merito delle cose, elemento che dovrebbe caratterizzare sempre un qualsiasi progetto di gestione democratica della cosa pubblica. Lo spunto per farlo questa volta è la lettura del libro di Michael Lowy “Ecosocialismo, una alternativa radicale alla catastrofe capitalistica” ed. Ombre Corte.
Il tema specifico del titolo non è certamente nuovo. Si ripropone infatti una questione tutt’altro che risolta nei movimenti ambientalisti, sulla quale ancora si continua a discutere, che riguarda l’intreccio tra crisi ambientale/climatica e cause socio-economiche che la determinano. Non per questo siamo davanti ad un testo importante solo per un dibattito interno tra gli addetti ai lavori, un elemento da spendere all’interno dell’arcipelago ecologista in favore di questa o quella componente.
Maria Lai – Omaggio a Gramsci (particolare) Museo Stazionedellarte Ulassai (NU)
L’atto dello scrivere, a qualsiasi livello di qualità si collochi, essendo orientato a veicolare un contenuto rivolto verso l’esterno, dovrebbe essere sempre eseguito in maniera assolutamente consapevole. L’autore dovrebbe avere chiari i propri obiettivi insieme al senso generale che vuole attribuire alla propria opera (magari un senso generale non è necessario…). A maggiore ragione se l’atto della scrittura è quello della versificazione, un gesto letterario che sembra progressivamente (inesorabilmente?) perdere di interesse e rilevanza generale, sfumando lentamente dal proprio perimetro di competenza. Senza consapevolezza, considerazione quasi banale per i più ma nel mio percorso imperativo necessario, la poesia invece che scritta è messa in scena diventando un gesto mimetico di altro, non corrispondente, non autentico. Con questo non intendo affermare che la consapevolezza è sempre garanzia del valore del risultato finale ottenuto; serve poi lo studio, la ricerca, il talento e dopo e soprattutto la critica letteraria e l’autocritica (militante?), insomma la dialettica tra le posizioni.
non c’è da parlare a questa nazione non c’è la stoffa non c’è una pancia da ascoltare il sogno non è reale il fumo
non migliora fa male – continua greve a bruciare l’aria è possibile aprire l’acqua - da bere schivare le frane essere contenti delle distorsioni
dei lividi slogati delle ginocchia senza occhiali – volano gli stracci da est da ovest riusciamo ad aprire le ante infilare
gli anelli per pensare e bestemmiarsi addosso sul sistema decimale gli almanacchi delle svolte dei tornanti i bagagli
da finire - ridere del ridicolo - dei best-seller di come vanno le cose come tornano in gola come contano i progetti lasciamo le ante aperte – facciamo pane non si capisce quello che accade altri lo capiranno forse figli e nipoti gli animali ecco la tara di chi sopravvive la rivoluzione dei sonetti.
poi arriva il momento forse è quello
che devi per fare delle cose ora
ma loro se ne vanno via perdiamo tempo - deragliano catene dalla bicicletta
apro parentesi per tutte le ossa di quelli che passano - chiusa parentesi
rappresentanza dell'istante
trattino a capo - lavorare amaro
il narcisismo della metapoesia punto e virgola segue il testo
si scivola sul palco - non capisco queste ennesime bombepuoi fare un click link - se non si apre non servedue punti
al presente - solo quello da comprare - domani - senza storia