Giorni-IIa versione

di luca chiarei

scultura di Sigurjon Olafsson – Reykjavík – La foto è mia

È impossibile avvicinare la grande poesia se non si vuole almeno sapere di che vivono gli uomini e se non ci si propone di operare in conseguenza. Questo è esattamente il contrario di ogni attribuzione di poteri o trattamenti speciali alla letteratura e all’arte.

(Franco Fortini da “Insistenze”)

 

In questa poesia pubblicata qualche giorno fa avevo cercato di sperimentare due forme diverse di scrittura che ruotavano intorno allo stesso tema, quello del cambiamento al quale tutti siamo sottoposti dal tempo, anche per semplice logoramento o attrito con il reale. Una prima parte sincopata, quasi balbuziente all’interno di versi metrici incolonnati; una seconda nella quale il verso diventa quasi prosa, piana e liscia come la conversazione quotidiana. Il risultato alla fine non mi ha soddisfatto perché solo in parte l’ho sentito coincidere la forma con quello che è il mio timbro interiore. Rielaboro il tutto per sovrapposizione:

la giornata è quasi finita     un muro nero sotto
le lenzuola – sotto sale         una gam-ba si e’ per-sa un’altra
con-ta i passi con android     applicazione digitale per stare

bene, la notizia è che piove     e nessuno si bagna    

le pietre si girano a guardare               discutono i tram
il da farsi la domenica                            al finesettimana per spremere
la gioia che è in punta puntura            di ago agio vagito
alito sciolto nel palato                           iniezione

da grandi fare i palombari       cercare resti disumani
fare quelli che prendono del tempo     fare la spesa     poi bere

del tè in fondo al mare     poi aspettare poi